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Brainrot: la nostra attitudine spazzatura che trova voce

2025-08-03 10:04

Francesca Dantes

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Brainrot: la nostra attitudine spazzatura che trova voce

I contenuti digitali che ci imprigionano e parlano di noi

 

Sarà capitato anche a voi di passare ore e ore a scrollare il cellulare tra un contenuto e l’altro, persi in una bolla spaziotemporale fatta di meme e reel senza senso con galline che ballano, unicorni che saltano, tra video surreali che catturano e imprigionano la vostra attenzione con la loro bizzarria. 

Ecco questi sono i “brainrot”, contenuti digitali, spesso creati con l’intelligenza artificiale, che possono raggiungere milioni di interazioni e like in pochissimo tempo. 

Giusto per farvi capire la dimensione del fenomeno, oltre ai milioni di contenuti digitali e visualizzazioni, esiste anche l’album delle figurine  Painini.

Brainrot è un termine che significa “mariciume mentale” e con il quale oggi ci riferiamo al presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, soprattutto come conseguenza di un consumo eccessivo di materiale (in particolare di contenuti online) considerato banale o poco impegnativo. Appunto, oggi. Sì, perché il primo uso scritto del termine compare nel libro di Henry David Thoreau in Walden ovvero Vita nei boschi, pubblicato nel 1854,  in cui l'autore critica il declino degli standard intellettuali dell'epoca e la tendenza della società a svalutare le idee complesse. Da più di 150 anni, quindi, la tendenza umana al marciume mentale trova ospitalità nella parola “brainrot”, un marciume che fa specchio della nostra attitudine spazzatura. 

Come tutti i sistemi, anche noi, abbiamo una funzione espulsiva delle scorie, che porta fuori e lontano da noi tutto ciò che non serve, che è in più e che è passato da un lungo processo di elaborazione ed assorbimento. Le scorie hanno un aspetto ben differente da ciò che le ha originate, sono “rifiuti”, cioè sono ciò che non vogliamo. Quindi, via libera ad aberrazioni, sfide alla logica, al gusto e soprattutto al senso. Ecco che i brainrot specchiano la nostra spazzatura mentale. Per questo ci piacciono, perché liberano la nostra costrizione, ci fanno andare oltre il bello, il buono, il giusto dando spazio a quella parte di noi che lavora con le scorie. 

Il marciume mentale esiste in ognuno di noi in quanto sistema, tutti noi abbiamo scorie mentali da portare fuori, è un processo naturale. Quali sono i nostri brainrot? Di cosa è fatto il marciume mentale che portiamo fuori da noi e che si specchia in questi contenuti digitali?

Proviamo ad osservarci in quelle ore passate a scrollare, liberi dalle briglie del senso e del gusto, cosa dicono di noi quei meme e quei reel? Quali argomenti ricorrenti? Quale musica? Quali personaggi? La salute di un organismo si valuta anche da quali rifiuti produce. 

Quand’è, infatti, che l’attitudine spazzatura diventa un problema? Quando il brainrot si accumula e si accumula. Abitare nello sporco non è mai segnale positivo, a meno che non siate una mosca o un insetto e quello sia il vostro ambiente naturale. 

L’invito è quello di provare ad identificare i propri brainrot, i pensieri spazzatura e prendere consapevolezza dei propri confini, capire cosa digeriamo e cosa no. L’azione liberatoria dello stare nella bolla dei contenuti digitali dei brainrot trova corrispondenza nella necessità di concretizzare in qualche modo l’espulsione di questi pensieri che vanno oltre i limiti che ci siamo dati. Ricordiamoci che sporcarsi, come i bambini che giocano, ci rende felici. Il nostro sistema riconosce quella dimensione nei brainrot. Quando guardiamo un video di uno squalo antropomorfo, generato dall’IA, che indossa sneakers ai suoi tre piedi stiamo dando voce alla nostra attitudine spazzatura, che ci fa giocare, sporcandoci, sfidando le nostre rigidità intellettuali. 

Se è vero che il concime alimenta la nascita e la crescita del fiori, anche i brainrot hanno questa possibilità. Certo, prima dobbiamo superare lo scoglio di specchiarsi nel marciume e riconoscere che, nel bene o nel male, quel marciume è parte di noi. Mi raccomando, facciamo in modo che non ne sia la parte principale.

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