E’ colpa del karma. Quante volte abbiamo sentito o abbiamo detto questa frase? Che poi, questo karma chi è? Perché noi gli diamo così tanta responsabilità? Il karma è un concetto fondamentale nella tradizione buddista e si riferisce alla legge di causa ed effetto: ogni azione ha una conseguenza. Nella nostra cultura questo elemento si è sovrapposto ad altri finendo per diventare parte integrante del linguaggio comune. Per molti la legge di causa ed effetto è un sottile meccanismo di giustizia nel quale, prima o poi, “chi semina vento, raccoglie tempesta" oppure qualcosa di molto simile alla legge del contrappasso di Dante nella Divina Commedia: un principio che regola la pena che colpisce i colpevoli mediante il contrario della loro colpa o per analogia a essa, le cui radici teoriche affondano nella tradizione antica della legge del taglione, “occhio per occhio”. Bisogno di giustizia, desiderio di dare un’origine certa agli eventi, come al solito la fame di dare un senso, e successivamente un significato, per noi sostenibile e pacificatore emerge in tutta la sua voracità collocando all’esterno l’intero processo. Cause e conseguenze esistono, lo abbiamo sperimentato tutti, appaiono chiare quando si tratta di appagare il bisogno di giustizia (la ruota gira, prima o poi, toccherà a anche a te!), sono un alibi quando a loro affidiamo il motivo per il quale ci accade quello che ci accade (eh, è il karma!).
Nella tradizione buddista il karma però non è un fenomeno esterno a noi, a dire il vero ciò che si avvicina autenticamente di più al modo di utilizzare il concetto di karma, così come è stato pensato nel suo contesto di origine, è la neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di modificare la propria struttura, la propria funzione e le sue connessioni ed adattarsi agli stimoli a cui è sottoposto.
Il karma, infatti, è azione. In particolare è azione interiore. La legge di causa ed effetto pone la necessità di un nesso tra gli elementi interni al nostro processo interiore nel senso che, così come una ghianda può produrre solo una quercia, una causa positiva può generare solo un effetto positivo, una causa negativa può produrre solo un effetto negativo, una causa neutra può produrre solo un effetto neutro. Di quali cause stiamo parlando? Parliamo di motivazione, di ciò che spinge e sostiene i nostri pensieri e che poi si trasforma in azione concreta e comportamento. Le motivazioni che abbiamo dentro sostengono attivamente il nostro agire, i pensieri e le sensazioni si formano, poco alla volta si mettono a fuoco e diventano qualcosa che sentiamo forte, frasi chiare nella mente, percezioni chiare nel nostro corpo alle quali, ad un certo punto, obbediamo comportandoci di conseguenza realizzandone gli effetti. E’ questa ineluttabilità percepita che porta alla deresponsabilizzazione. Sperimentando in prima persona, inoltre, sappiamo bene che anche gli altri non possono sottrarsi a questo sistema, da cui la certezza che il rapporto tra causa ed effetto sia una cartina tornasole della bontà e della cattiveria di ciò che poniamo in essere. Prendere consapevolezza che la qualità della nostra azione interiore è il seme dei frutti che arriveranno è fondamentale per uscire da quella sensazione di determinismo e impotenza che spesso ognuno di noi sente. Il punto chiave è che le azioni ripetute nel tempo diventano abitudini e le abitudini sono difficili da abbandonare. Questa grande verità è il punto centrale del discorso sul karma e sulla neuroplasticità. Come possiamo cambiare? Come possiamo sfuggire a questo circolo vizioso? La risposta è utilizzare la nostra capacità innata (ma poco allenata) di modificare le azioni interiori. Possiamo deliberatamente decidere di osservare la motivazione dietro la nostra abitudine, deliberatamente valutare se sia una causa che porta effetti per noi positivi oppure no, deliberatamente scegliere di fare qualcosa in dipendenza da questa causa oppure no. La buona notizia è che siamo biologicamente programmati per farlo, la capacità neuroplastica del cervello permette al sistema nervoso di riorganizzare la sua struttura, le sue connessioni e il suo funzionamento. Ci sembra difficile, ma la lotta non è fisica, tutto di noi ci seguirebbe se decidessimo di cambiare. La resistenza che incontriamo è figlia di quella fame di senso che ci fa percepire la scelta come una rinuncia a qualcosa che per noi ha un alto grado di significato offuscando i milioni di alternative possibili. La legge di causa ed effetto delle azioni interiori, racchiusa nel concetto di karma, ci suggerisce il luogo all’interno del quale lavorare per non avere più quel senso di impotenza e ottenere cambiamenti duraturi e profondi. La possibilità del cervello di creare nuove connessioni, nuove strade sulle quali far percorre gli impulsi elettrici, che stimolano in modo differente le zone cerebrali crea risposte nuove in noi a livello cognitivo ed anche emotivo. Abbiamo un potere immenso: possiamo utilizzare noi stessi per cambiare. Ce lo dice la ricerca scientifica, ce lo dice la millenaria ricerca interiore dell’uomo. Dobbiamo smettere di usare il karma come un alibi ed usarlo per quello che è: la nostra innata capacità di trasformazione.



