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Definire la misura: l’equivoco della performance

2025-06-28 09:32

Francesca Dantes

Definire la misura: l’equivoco della performance

Quando la necessità di definire l’obiettivo raggiunto costringe il desiderio al confronto con la realtà

Quello che accade è che noi ci misuriamo continuamente, siamo circondati e tempestati di misurazioni. E la banalità apparente di questa operazione ce ne fa sfuggire spesso i risvolti più profondi, in effetti non è immediato rendersi conto che la rabbia che sale quando non riusciamo a trovare i minuti di cottura sulla confezione della pasta è direttamente collegata ad un tranello, lo stesso che non ci permette di ottenere i risultati che vorremmo.

Come è noto la performance è il risultato conseguito e per valutare se questo risultato è stato raggiunto, quanto e come, è necessario definire una misura di raggiungimento: dobbiamo stabilire che il punto di cottura ottimale per avere la pasta come la vogliamo noi servono otto minuti.

Ora, la pasta che compriamo ha già una stima di cottura ottimale, mettiamo nove minuti, ma a noi piace al dente. Se cuciniamo perché abbiamo a cena altre persone quale tempo di cottura useremo?

Qual è l’obiettivo? E qual è la misura del suo raggiungimento? Qualunque tempo di cottura si scelga quella scelta sarà il primo elemento che costringerà la persona a guardare dentro i propri desideri – a me piace ad otto minuti - osservarli, comprenderli, poi metterli in relazione con le condizioni individuate – cena con invitati, tempo di cottura predefinito nove minuti - e poi, a seconda della decisione presa, valutare se la cottura finale è stata quella, appunto, desiderata.

A complicare ulteriormente le cose c’è che la valutazione sulla cottura finale sarà frutto anche delle opinioni dei diversi ospiti, ognuno infatti dirà la sua.

Dove sta l’equivoco? L’equivoco sta nel fatto che mentre il desiderio interpreta la performance sotto forma di obiettivo da raggiungere con il suo segnale di raggiungimento nel futuro – “andrà bene quando avrò raggiunto x” – la realtà vive la performance come momento presente, come azione nel qui ed ora, con tutte le sue complessità. Vedono la stessa cosa da due punti di vista differenti e lo fanno contemporaneamente. Noi siamo costretti a giostrarci tra questi due elementi della performance e la definizione della misura è il primo momento di congiunzione tra le due. Possiamo dire che la definizione della misura è il tramite attraverso il quale questi due mondi si parlano sia all’interno della persona sia all’esterno, come nel caso dei tempi di cottura della pasta. Ogni volta che definiamo una misura si apre un confronto tra desiderio e realtà, futuro e presente, noi e gli altri.

Giudicheremo buona la pasta anche se è scotta, ma è piaciuta a tutti? Rispetteremo il tempo di cottura predefinito nel tentativo di creare il minor danno possibile? Lasceremo la cottura al dente per rimanere fedeli a noi stessi? La semplice necessità di esistere di quei minuti porta con sé questi interrogativi, che nel caso della pasta, a meno che non siate uno chef, passano inosservati e alla velocità della luce, ma che quando in ballo ci sono cose importanti sono il ring dentro il quale si creano tutti gli ostacoli e i conflitti che ci condizionano. Per uscire dall’equivoco potremo provare a prendere la misurazione come un “processo di traduzione”, allo stesso modo con cui le parole traducono ciò che sentiamo e pensiamo: definire una misura per un obiettivo è provare a tradurre desideri in realtà. Stress e ansia che derivano dall’ossessione della misura, talvolta usata anche come mezzo per controllare la parte più emotiva e relazionale dell’obiettivo da raggiungere, poggiano sull’equivoco, la parte di noi giudicante trova ampio spazio di manovra e finisce per impedire alle risorse necessarie di manifestarsi pienamente. La lotta che si vede fuori è lo specchio di cosa accade dentro. Racconta di fragilità e insicurezza, di paura di perdere il controllo. Ecco perché è importante prendere consapevolezza di questo processo spontaneo di traduzione dei desideri in realtà, ben coscienti che definendo le regole definiamo anche il gioco.

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